Festival GingerNews

Lo Sponz Fest e il ritorno all’Eden

C’è un luogo, a fine agosto, dove tutto sembra trovare il posto giusto nel mondo, almeno per chi scrive queste righe. È lo Sponz Fest di Calitri, ideato e diretto da Vinicio Capossela, che quest’anno ha scelto come tema l’Eden. Non un Eden mitologico, irraggiungibile, un giardino mitico da rimpiangere,  ma una condizione possibile, un Eden terreno che si costruisce attraverso lo scambio, la comunità, la musica, l’incontro tra persone che condividono sogni, domande sul nostro tempo e si riconoscono negli stessi orizzonti.

Parteciparvi non è assistere a un festival: è un’esperienza umana profonda, è un immersione autentica in quel recinto di umanità, raro e prezioso, che Capossela e tutta l’organizzazione del festival continuano a proteggere, pur tra tante difficoltà,   in un mondo che sempre più somiglia a un deserto.

Il festival si è inaugurato con il concerto di Tricarico, in un angolo ai piedi del paese di Calitri, con alle spalle il tramonto nell’orizzonte delle colline irpine. Seduti stretti su balle di paglia, si respirava un’atmosfera di vicinanza, sospesi tra cielo e terra.

Con la sua ironia e la sua leggerezza, Tricarico ha ricordato l’importanza di restare fedeli all’incertezza, al mistero delle cose. “Non lo so, e mai io lo saprò, e son contento perché non lo so” ha detto, e quelle parole hanno risuonato: non servono tutte le risposte, perché forse l’Eden è proprio il viaggio, e non la destinazione. Oltre all’incanto della musica, c’era anche il peso di qualche riflessione, come quella sulla canzone d’autore, sempre più fragile nella scena italiana, ma che resta un linguaggio necessario, capace di raccontare il presente con verità e poesia.

È stata poi una conferma vedere come lo Sponz sappia dare spazio non solo alla musica, ma anche a momenti di introspezione e di dialogo. Come nel caso degli incontri con  Mauro Adenzato e Rita B. Ardito, docenti del dipartimento di psicologia all’Università di Torino. In un tempo dove spesso non ci si guarda più negli occhi, questi incontri diventano preziosi perché generano contatto umano autentico, ma soprattutto costituiscono uno spazio privilegiato per condivisioni, scambi e riflessioni mai fini a se stesse.

Non sono riflessioni astratte, né pensieri che si dissolvono con la fine del festival. Allo Sponz Fest, ciò che nasce tra una canzone, un incontro e uno sguardo condiviso ha la forza di trasformarsi in visione, in desiderio di futuro. Le parole e le esperienze che si intrecciano durante quei giorni non restano sospese: chiedono di essere riportate nel mondo, di diventare azioni, pratiche quotidiane.

Tra gli appuntamenti più intensi, l’incontro con padre Guidalberto Bormolini: la sua riflessione sulla spiritualità ha intrecciato il tema del festival in maniera poetica e potente.  E poi un altro momento toccante come  l’incontro con Francesca Albanese, relatrice delle Nazioni Unite, durante il quale il pubblico ha gridato insieme “Palestina libera!”. Un istante che ha reso evidente come lo Sponz non sia mai neutrale: qui la musica e la cultura si intrecciano con la vita, con la politica, con i diritti umani.

Non è un caso che quest’anno lo Sponz abbia reso omaggio a Goffredo Fofi, figura luminosa e necessaria della cultura italiana. Critico, intellettuale militante, instancabile osservatore del nostro tempo, Fofi ha attraversato il Novecento con uno sguardo libero e rigoroso. Il suo lavoro è sempre stato mosso da una tensione etica: la convinzione che la conoscenza non debba chiudersi in accademie o biblioteche, ma servire a leggere il presente e ad agire nel mondo. Fofi, con il suo esempio, ci ha ricordato che la cultura è un esercizio di responsabilità, che nasce dal basso e che deve restare sempre intrecciata alla vita delle comunità.

Ricordarlo allo Sponz ha significato riconoscere la radice più profonda del festival, in quanto laboratorio collettivo dove la musica, le parole e gli incontri generano pensiero critico e possibilità di futuro.

Anche il professore e antropologo Vito Teti che ha presentato il suo libro La restanza, lo ha ricordato.  Il suo discorso sulla sorte dei paesi delle aree interne, spesso destinati allo spopolamento, ha trovato un’eco naturale nel contesto del festival. In una terra come l’Irpinia, ferita dall’emigrazione ma ricca di memorie e potenzialità, il tema della restanza risuona come una sfida collettiva: restare non significa rinunciare, ma ricostruire un futuro possibile a partire dalle radici.

E infine…la magia dell’alba.

Come in ogni rito, l’apice è arrivato alla fine: l’evento a sorpresa dell’alba, come dono per tutti i possessori dello Sponz pass che hanno sostenuto il festival, con una simbolica donazione. Dalle 6 alle 9:30 del mattino, i musicisti che avevano animato i giorni del festival si sono ritrovati su un piccolo palco, senza nomi altisonanti a fare da richiamo, ma con un’energia così contagiosa che il sonno restava bene lontano…

Vinicio Capossela ha fatto da maestro di cerimonia, raccontando con sincerità le difficoltà che i festival indipendenti devono affrontare: la mancanza di sostegno, le regole burocratiche sempre più stringenti. Eppure, proprio in quella fragilità, si percepiva la forza di resistere.

Quando Vinicio ha intonato “L’u

omo vivo”, il prato intorno alla trebbiatrice volante sulle colline sopra Calitri, gremito di persone svegliatesi, o ancora sveglie, apposta per l’occasione, è esploso di gioia. Eravamo davvero una comunità, abbracciati dalla musica e dal paesaggio, nel segno di quell’Eden che non è un mito lontano, ma un luogo che possiamo costruire insieme, ogni volta che ci ritroviamo.

Lo Sponz Fest non è solo un festival: è un’esperienza di umani

tà condivisa, di ricerca, di sogno. È un richiamo a ricordare che l’Eden non è perduto: vive nei momenti in cui ci riconosciamo negli altri, nel canto che ci abita, nella possibilità di essere comunità.

Chi lascia Calitri, dopo aver vissuto il festival, porta con sé molto più dei ricordi. Porta un’eredità che non resta confinata al paese e ai suoi angoli che l’hanno custodita, ma che chiede di essere coltivata, disseminata, condivisa. Perché lo Sponz non si esaurisce in

quei giorni: diventa un seme di futuro, da piantare ovunque andiamo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *