Recensione

Cosa fai, Ilaria? Canto Conte! – recensione sull’ultimo progetto di Ilaria Pilar Patassini

Come ve ne avevamo già parlato in questo articolo è uscito per Parco della Musica Records Canto Conte, il progetto dedicato alle canzoni di Paolo Conte di Ilaria Pilar Patassini – qui in veste di interprete e ideatrice in complicità con il direttore d’orchestra e arrangiatore Angelo Valori. Interpretazioni che portano alla luce il canto sottotraccia dell’universo contianolasciandone intatto il mistero, sostenute ed esaltate dagli arrangiamenti di Valori e del suono degli archi della Medit Orchestra. Solisti: Manuel Trabucco clarinetto e sassofono, Danilo Di Paolonicola fisarmonica. Special guest Alessandro d’Alessandro organetto. Ilaria Pilar Patassini sceglie di prendersi questo passaporto e lo fa attraverso gli archi della MeditOrchestra con l’aggiunta dei colori di clarinetto e fisarmonica. Gli arrangiamenti – riadattati per l’organico dal Maestro Valori in una chiave sinfonico-jazz-cameristica – vanno così a vestire diciotto brani dove trovano posto grandi classici comeAlle prese con una verde milonga, Gli impermeabili, la immancabile Via con me ma anche canzoni per appassionati del repertorio contiano come Reveries, Elisir, Spassiunatamente.
Dice Ilaria: “La produzione artistica di Paolo Conte è una summa di arti: canzone, poesia, letteratura, jazz, cinema, opera, arte visiva e un profumo coloniale e retrò, ma il tutto resta invariabilmente contemporaneo, non mi stanco mai di ascoltarlo. Erano anni che volevo realizzare questo progetto, volevo dare voce e corpo alla parte femminile di Conte, al suo lato più sensuale, erotico, giocoso e francese. Alla fine tra l’incoscienza e la saggezza ha vinto il desiderio”.
Le canzoni di Paolo Conte combattono per loro natura l’analfabetismo funzionale, sono un gioioso esercizio di traduzione, una palestra di fantasia, anche per chi le ascolta per la prima volta. Esistono attività al momento più sovversive e rivoluzionarie di queste?

CANTO CONTE
Già il titolo del nuovo disco di Ilaria Pilar Patassini, sembra l’impertinente ammissione di colpa di qualcuno che voleva fare un passo verso l’immensità.

Cosa fai, Ilaria?
Canto Conte.
Così, bello schietto.

A prima vista ci si potrebbe sbagliare e interpretare un “canto con te.”
Invece no, invece no, è proprio Canto Conte. Quel Conte che dall’azzurro di un pomeriggio, al grigio fumo di bistrot francesi, all’indefinito di uno stradone polveroso, incanta, ammalia, seduce ai quattro angoli cardinali.   A chi ha già avuto il piacere della sua conoscenza, il progetto di Ilaria Patassini suscitaammirazione ed entusiasmo, senza tentennamenti verso l’ardire di metter mano all’opera contiana. Per giunta una donna, che si fa interprete di un artista che le donne le ha cantate e amate senza mezze misure.
A chi non la conosce e magari è anche abituato ad erigere tabernacoli intorno ai propri miti intoccabili, può venire qualche cenno di svenimento o attacchi di panico.
Ma la recensione arriva in tempo, per questi ultimi, meglio del Rescue Remedy. Addirittura si prefigge di richiamarli alla bellezza delle arti, per qualcosa che merita una risposta immediata e calorosa.
A metà strada tra l’amore protettivo per Paolo Conte e la curiosità, giungo all’Auditorium per il concerto che lancia CANTO CONTE, edito da Parco della Musica.
Curiosa, dicevo, di capire cosa un’artista eclettica, con un background così solido e ampio che sembra una penisola su cui ti potresti trasferire, quale è Ilaria Patassini, potesse aver elaboratointorno all’opera di uno tra i miei migliori concittadini.  Di certo il più famoso, (più di Giorgio Faletti, non me ne vogliano i fan. Più di Vittorio Alfieri si può dire?) e affascinante.
Da quasi musicista le domande che ci si pongono sono tante.
L’insolita scelta di accompagnare le pietre miliari Contiane con un’orchestra d’archi è il benvenuto del disco e del concerto. Ad arricchire il suono anche clarinetto, sax, fisarmonica e organetto. Il progetto Canto Conte è nato dalla volontà di Patassini e di Angelo Valori, compositore e direttore d’orchestra, che l’accompagna in studio e live, con la Medit Orchestra.
Per chi ama il mix voce inconfondibile/pianoforte di Conte, un inedito viaggio si profila dietro la direzione di Valori. Dalle prime battute di una verde milonga, è evidente che siamo alle prese con qualcuno che salpa senza esitazioni, per condurre il pubblico in un crescendo emozionale.
Diciamo che scegliere la rotta di un repertorio del genere non è cosa semplice.
L’equilibrio della Patassini si colloca tra devozione e spavalderia e il lavoro musicale di questo progetto esprime quello che ripeto ossessivamente ai cantanti: il canto non deve emergere come un campanile nel deserto, non deve sparire come un’onda a riva. Servite l’un l’altro.

La Patassini può essere definita a buon merito un’artista in grado di fare teatro cantando.
Fin troppo bello vedere come la teatralità dei testi, Via con me, Dancing, Messico e nuvole, non viene appiattita, ma portata in scena con una capacità fuori dal comune.
Nessuna incertezza nella vocalità, che raccontando le storie di Conte che tanto amiamo, sfuma di colore in colore, di peso in peso, senza manierismi, creando una rara fusione di voce e musica.
Ed è questione di equilibrio anche inserirsi, essendo donne, in un repertorio dove il femminile è spesso presente in raffigurazioni che poggiano su una cultura novecentesca e arrivano senza una sgualcitura ai giorni nostri. Si sperimenta, ci si avventura, ma si resta in un ambito di conclamata conoscenza di tecnica vocale, che autotune e sbiascicamenti degli ultimi anni tentano di dimenticare e di capacità interpretativa, di cui pochi cantanti sembrano ormai dotati.
Sono d’accordo con questa affermazione dell’artista:

Le canzoni di Paolo Conte combattono per loro natura l’analfabetismo funzionale, sono un gioioso esercizio di traduzione, una palestra di fantasia, anche per chi le ascolta per la prima volta. Esistono attività al momento più sovversive e rivoluzionarie di queste?”

L’impianto su cui l’interpretazione poggia saldamente, è dato dalla costruzione di arrangiamenti valutati e scelti per dare risalto alla narrazione contiana. Con gli archi della Medit Orchestra, i solisti Manuel Trabucco al clarinetto e sassofono, Danilo Di Paolonicola alla fisarmonica e il cameo dello special guest Alessandro d’Alessandro all’organetto, si crea un ambiente sonoro che diventa un elegante contenitore in cui Ilaria Patassini spazia e si muove.
Ho usato poco fa la metafora del “salpare”. E davvero questo concerto e il disco che ci presenta, hanno il taglio di un’ esaltante traversata, su una nave che illumina con le sue luci il buio della notte (o forse in un giorno brumoso, o anche in una mattina di mare calmo e senza vento. Dipende da cosa la narrazione suggerisce). Se il direttore Valori è il comandante, Patassini è l’affascinante passeggera intorno a cui si radunano i viaggiatori annoiati, ritrovando la gioia e il senso di essere su quella nave che solca gli oceani e lambisce le coste di terre da scoprire, o da ritrovare.

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